La grappa italiana è il distillato di vinacce di colture nazionali di Vitis vinifera. Questo ottimo distillato, l’acquavite, ha un complesso potenziale gusto-olfattivo strettamente correlato al fatto che la materia prima, appunto le bucce dell’uva, sono la parte del frutto più ricca di sostanze aromatiche capaci di riproporsi al naso, come al palato.

La storia della grappa

La storia della grappa si perde nelle minime fessure degli ultimi secoli. Non una storia blasonata e celebrata, le vicende di una bevanda ora santificata come toccasana, ora disprezzata e dimenticata. Baldanzosa come lo spirito del popolo che l’ha inventata, la grappa è arrivata al nuovo millennio luccicante più che mai di nuovo smalto e nuova immagine, apprezzata dai consumi internazionali e distinta come il migliore del made in Italy.

La grappa era considerata medicina e bevanda già nel XVIII secolo a Roma come a Torino, dove ambulanti girovaghi trainando il loro carrettino cercavano clienti per mescere il distillato di vinacce. Nel 1779 Bartolo Nardini apre la sua distilleria a due passi dal ponte di Bassano del Grappa.

Sulle rive del Brenta armeggiavano le chiatte dirette verso oriente e verso Venezia, direzione privilegiata dai mercanti, dove una certa nobiltà incominciò ad apprezzare la grappa, che conobbe un periodo di notorietà, ma fu presto surclassata dalle nuove bevande d’oltralpe, oltre che dal Vermouth e simili.

La storia della grappa, si intreccia con la storia del Ponte di Bassano, del Monte Grappa, storia di guerra, del famoso ponte ridotto in cenere e della distilleria di Bartolo Nardini che rimase in piedi e per la guerra e per i suoi protagonisti diventa un santuario.

Freddo, malattie ferite, paure sgomento degli alpini trovano in una fiaschetta di grappa effimera soluzione e conforto. Bevuta in trincea, segui le forze armate sulle tavole di casa una volta finita la guerra. Nascono rituali domestici come il “resentin”, vero simbolo della pace conviviale, in quel fondo di caffè nella tazzina che subiva il risciacquo di un bicchierino di grappa nel corso della chiacchierata dopo pranzo.

Se un tempo il distillato di vinacce era frutto di impianti clandestini sempre in allarme per l’eventuale arrivo delle forze dell’ordine, oggi la grappa gode di un naturale momento di eccellenza qualitativa e organolettica che oltrepassa le semplici prescrizioni di legge.

Come si fa la grappa

La grappa italiana è acquavite ottenuta dalla distillazione delle vinacce. A differenza di molti altri distillati, la grappa è un prodotto estratto da materiali di risulta. Cioè, prima si fa il vino, poi si manda in distillazione la parte solida del mosto svinato. Fino al 1800 in Europa non sussistevano particolari distinzioni nella distillazione della grappa.

Alambicco a colonna per distillare la grappa

Ma all’inizio del XIX secolo viene perfezionato l’alambicco a colonna, pratico strumento per un distillato puro, capace di operare in continuo. Purtroppo l’alambicco a colonna, in Italia non trovavo diffusa applicazione, probabilmente per gli ingenti investimenti necessari e per la grande quantità di energia che serviva al suo funzionamento.

Per questo motivo rimasero in funzione degli alambicchi tradizionali, quelli in discontinuo con carico e scarico delle vinacce, più sensibili alla mano del mastro distillatore e capaci di maggiore impronta organolettica sul prodotto.

Dopo lo scandalo italiano del metanolo, cioè a partire dalla metà degli anni 80 del 1900, la vinificazione del vino italiano ha compiuto notevoli passi avanti, secondo un inarrestabile impulso all’eccellenza qualitativa e organolettica.

Uno degli assunti enologici più assodati è appunto proprio quello del rispetto della buccia dell’acino, cuore del valore aggiunto che presenterà il vino finale. Così nei vini bianchi l’acino viene appena spremuto e subito separato dal mostro, mentre nei vini rossi rimane a lungo in inversione affinché ceda polifenoli e profumi. In entrambi i casi la pigiatura è soffice, l’estrazione profonda, ma delicata.

Quando la vinaccia è il risultato di una vinificazione ispirata a questo tipo di filosofia, è chiaro che in distillazione arriva una massa morbida e ricca, più vicina al mostro che a cumuli di fecce disidratate e torchiate allo spasmo. Ci sarà quindi notevole materiale su cui agire tanto in fermentazione quanto in concentrazione dell’alcol prodotto dai lieviti.

Inoltre, per quanta estrazione di aromi la vinificazione abbia operato nei confronti delle bucce, il corredo gusto-olfattivo finale sarà ricco di elementi propri dell’uva, ma anche di tutti quei fattori che in seno alle fermentazioni hanno fatto la loro comparsa, tipicamente per opera dei lieviti.

Distillato di vinacce

Il distillato ottenuto dalle vinacce deve avere un contenuto alcolico o almeno pari all’86% sebbene specie con gli alambicchi discontinui si assesti attorno al 70%, una buona misura intermedia tra purezza del prodotto ed espressioni sensoriali.

Più è alta la presenza alcolica e più il distillato si avvicinerà alla neutralità. È importante considerare in ambito di distillazione il contenuto di alcol metilico, che al contrario di quello etilico può risultare non solo sgradevole, ma anche dannoso per la salute dell’uomo.

Si possono avere elevate concentrazioni di alcol metilico soprattutto se le vinacce sono state stoccate a lungo, e in condizioni non idonee, prima della distillazione. Bisogna quindi ricorrere alle colonne di demetilizzazione, impiegate in impianti sia continui sia discontinui.

È una colonna che elimina l’alcol metilico, ma anche da esteri e altre sostanze odorose, impoverendo il profumo dell’acquavite. Uno strumento usato da molti per correggere il prodotto, ma di cui i migliori produttori spesso riescono a fare a meno lavorando solo materie prime eccellenti con estrema cura artigianale.

Bicchieri per degustazione grappa

La grappa va gustata a temperatura ambiente, con bicchieri a tulipano piccolo o con una copita da Sherry. All’esame visivo tutte le grappe devono essere limpide: eventuali velature o sospensioni polverose sono indice di una cattiva lavorazione. La tonalità del colore da una prima indicazione sulla categoria di appartenenza della grappa.

Esame gustativo

L’esame gustativo si esegue introducendo in bocca una piccola quantità di grappa e inghiottendola. In successione si potrà avvertire la sensazione alcolica, i gusti dolce, acido e amaro e le sensazioni tattili.

Del gusto dolce sono responsabili gli alcoli e il saccarosio. Il sapore acido proviene dagli acidi volatili che durante la distillazione sono passati nella grappa: se in piccole quantità danno corpo al distillato. L’amaro, se resta quasi impercettibile, crea un gradevole contrasto con il sapore dolce, se avvertito nettamente, indica una presenza elevata degli acidi butirrico e propionico, e rappresenta un difetto. Infine i polifenoli che durante l’invecchiamento in botte, il legno cede alla grappa creano una sfumatura amara, gradevole.

Il gusto della grappa si definisce piatto se manca di acidità, secco se scarso di componenti dolci, corto se le sensazioni gustative svaniscono velocemente, rotondo se vi è buona armonia tra tutte le componenti.

Profumo della grappa

Il profumo della grappa deriva da tre gruppi di composti chimici: aldeidi, esteri e alcoli. Le aldeidi conferiscono al distillato un profumo erbaceo che, superata una certa soglia, si trasforma da caratteristica di pregio in difetto. Gli esteri conferiscono sensazioni diverse a seconda del loro peso molecolare. Il gruppo più volatile dona un profumo leggero di solvente o di fruttato.

Quello a medio peso molecolare è responsabile dei profumi di frutta esotica, mentre gli esteri ad alto peso molecolare sono le responsabili di un sentore oleoso, rancido, non gradevole. Gli alcoli superiori, Infine, sono responsabili della sensazione alcolica.

Le grappe giovani, invecchiate e aromatizzate

Le grappe giovani sono bianche cristalline; le grappe invecchiate, rimaste per almeno 12 mesi in botti di legno di qualsiasi tipo o dimensioni, hanno un colore variabile dal bianco puro al bianco giallognolo. Le grappe aromatizzate vengono colorate dal pigmento contenuto nella pianta infusa. Le grappe alla ruta, per esempio, hanno riflessi verdognoli, quelle al mirtillo sono violacee.

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Grappa barricata

La grappa barricata, dopo la distillazione, viene fatta invecchiare in botti di legno non impermeabilizzate (barrique di ciliegio, rovere o frassino). Barrique, dal francese, sono botti di legno di 225 e massimo 228 litri. L’invecchiamento in barrique, consiste nel fare invecchiare i vini o i distillati consentendogli una maggiore ossigenazione, grazie al rapporto fra il volume e la superfice di contatto della botte barrique.

Le botti per fare invecchiare la grappa barricata, devono essere poste in ambienti che rispondono a determinate caratteristiche di temperatura e di umidità relativa, per periodo di tempo che va dai sei a dodici mesi.